Non creato da mano d'uomo

 

I° capitolo

Achiropita viveva una casa anticipata da un cortile di ghiaia a forma di cuore che si incamminava poi in un viale dove i meli si alternavano ad ali sospese. Alle ali stavano appese mele rosse e i meli erano sempre in fiore. La sua casa era sempre diversa; ogni notte infatti, al rintocco della una e ventisette, le sue stanze cambiavano posizione, dimensioni e fattezze. Non le trovavi mai là dove le avevi viste il giorno precedente ma erano sempre trecentoquattordici stanze e Achiropita non si era mai persa.

 

Achiropita disegnava storie altrui. La mattina usciva per andare in uno dei villaggi dove vivevano gli altri e lì trascorreva cinque giorni a impagliare sedie colorate che regalava a chi si fermava a raccontare le proprie storie. La sera poi qualcuno la invitava a passare la notte nella propria casa. Erano i più coraggiosi, pronti a cambiare la propria vita. Sì, perché lei era l'entusiasmo e la forza. La casa che l'accoglieva si riempiva di fiducia e di speranze e così nacquero bimbi laddove non si sarebbe mai pensato, uomini si incamminarono in sentieri non ancora nominati e il falegname finalmente decise di cucire bambole. 

 

Dopo cinque giorni Achiropita tornava nella sua casa, seguendo il viale e poi camminando sulla ghiaia nel cortile e i giorni seguenti, tutte le mattine all'alba, scriveva storie fantastiche sui muri delle sue stanze.

 

Un giorno, al rientro da uno dei suoi pellegrinaggi, allo sporgersi del cortile trovò un cesto e dentro un foglio di carta grezza, spessa e anche un po' stropicciata. Sul foglio vi erano delle ciglia e Achiropita trascorse l'intera notte a toccarle.

Era la prima traccia di qualcuno.

Cominciò così a ricostruire il libro di un'identità.

 

 

 

Non creato da mano d'uomo

 

II° capitolo

 

Ogni sette giorni, Achiropita trovava, la mattina presto, un foglio nel cesto...e sul foglio ogni volta qualche cosa: il contorno della bocca, il riflesso di uno sguardo, l'ombra di un odore, una mela morsicata, ritagli di terra, acqua e così via.

 

Lentamente Achiropita imparò a conoscere l'anima di un uomo che non aveva ancora incontrato. Era un uomo ricolmo di luce e dalle mani profumate di menta e i piedi guadavano un fiume. Da ogni pagina che prendeva dal cesto, all'inizio del cortile, cadeva sino a terra una polvere dorata  che terminava di sgorgare proprio ai piedi del letto di Achiropita

 

Ogni sette giorni un indizio.

 

Dopo un anno Achiropita sentì la necessità di accogliere nel cuore questo sconosciuto e lo fece impastando farina, pezzetti di ali del viale, neve (che preservava tutto l'anno in un angolo del suo giardino), petali di rosa gialla, miele e una perla di rugiada.

Poi riponeva l'impasto a forma di luna piena, nel forno e appena cotto lo lasciava nel cesto. Lo lasciava la notte tardi, quando questa si stava già svestendo per divenire mattina.

 

Anni e anni dopo, Achiropita viveva protratta in avanti in un divenire che forse sarebbe divenuto. Visse così la formula del presente, dell'istante medesimo intangibile e s'innamorò.

Non creato da mano d'uomo

III capitolo

 

 

Ogni sette giorni, impastava il pane e la mattina si sporgeva dalla finestra per vedere il cesto con l'attesa di scoprire finalmente l'uomo.

 

Achiropita viveva l'amore senza fretta.

 

Intanto, il libro dell'identità dell'uomo era divenuto gigantesco tanto che dovette fare un buco nei soffitti e nei pavimenti affinché questo dalla cantina potesse avere posto sino in soffitta, come una colonna; la colonna sulla quale si reggeva l'identità e il mistero di un essere umano.

 

Achiropita dormiva con questa colonna che passava giusto accanto al suo letto e sognava baci di miele e un viale profumato di ciliegie. I suoi capelli si allungarono fino a terra, così le sue ciglia si infoltirono e il suo sguardo si allontanò verso mondi lontani.

 

Una mattina, al settimo giorno, Achiropita si affacciò al balcone come era ormai solita fare e il cuore d'improvviso accelerò il proprio ritmo, nel vedere che dopo secoli, il cesto era vuoto. Il respiro si fece disordinato e gli occhi s'inumidirono fino al bordo di un'alluvione. Ritornò nella sua stanza e si accorse che la colonna di fogli era scomparsa. Rimanevano unicamente soffitti e pavimenti bucati.

 

Achiropita era spaventata: e se l'amore se ne fosse andato via ancor prima di arrivare? E se l'amore se ne fosse andato via?

 

Non creato da mano d'uomo

IV capitolo

 

Uscì dalla stanza con l'intento di scendere giù in cucina e lì, dietro la porta, sul muro, ogni movimento si spiegò come un rotolo di carta pregiata che dona parole profumate.

V'era scritta una storia; da destra verso sinistra,  seguendo la scala che scendeva e raccontava questo:

 

"Achiropita camminò giù per le scale, leggendo le parole che Terenzio scrisse per lei. Era la storia di un presente a divenire nell'istante stesso e un pò più in là. Achiropita sfiorava con la mano ogni parola per capire la dolcezza di Terenzio; l'uomo che aveva atteso e che l'aveva attesa. Il pane che  Terenzio aveva preso dal cesto ogni mattina del settimo giorno, lasciava scivolare una polvere dorata segnando così un tragitto. Lo stesso che Terenzio seguì ogni notte per andare a custodire il sonno di Achiropita. Quel pane parlò di lei, della sua anima e del suo cuore e mangiandolo Terenzio s'innamorò!

Arrivata in cucina Achiropita ripose in una sacca due pagnotte e due mele.

La coperta che stava lavorando da anni, stranamente, era arrotolata sulla poltrona da parte alla porta. Era finita, l'aveva terminata Terenzio quella notte."

 

Qui terminarono le parole scritte da Terenzio sul muro.

Achiropita prese la coperta e uscì!

 

Dal cesto a forma di cuore, riposto nel cortile, s'illuminava una traccia di luce gialla e brillante e lei la seguì, incominciando il suo viaggio che la portò lontano.

I meli del viale erano carichi di fiori azzurri e le ali erano volate via lasciando il posto a cesti ricolmi di ciliegie rosse e profumate.

 

Sotto ad un cielo azzurro di sole giallo, Achiropita scorse in lontananza un uomo; Terenzio.


Non creato da mano d'uomo

V capitolo

 

Così, un giorno di questo mondo, quando si incontrarono nella panetteria, Luisella e Filippo, si riconobbero subito, come se si fossero già incontrati. E non fu strano che mentre le chiedeva una pagnotta di pane nero, Filippo la invitò a cena. Così come non fu strano che mentre incartava il pane, Luisella gli rispose di sì.

 

 

Achiropita e Terenzio stesero la coperta e a piedi scalzi ballarono la danza del canto delle stelle in una notte di nebbia, per secoli e secoli ancora.