Colui che nasce nel solco della terra

 

Bartolomeo ogni mattina, tra la brina e la rugiada, sosta sul mucchio di letame che sposta e riordina. Ciondola sudore e braccia annoiate ricolme di speranza rifugiata in paesi altri e meravigliosi, senza escrementi e lentezze da non raggiungere mai.

 

Si dice che Bartolomeo è lento, troppo per questa vita, per ridere con altri uomini in altre velocità. Di tanto in tanto si prende una pausa con il gomito appoggiato sulla cima della forca, fuma una sigaretta e guarda lontano. 

Bartolomeo è sire sulla collina del mondo.

 

Sorride spesso e sempre a chi passa di lì e lo saluta. E’ divenuto parte di ogni alba. Sorge con il puzzo del letame infreddolito dal sopraggiungere di autunni e inverni perpetui, sorge con la luce di ogni sole. La sera tard poi, quando le porte di ferro di stalle cariche di tanti fieni, si trascinano in binari stretti e certi chiudendo caldo e freddo, ognuno al proprio posto, Bartolomeo lascia la sua ombra al buio ad assicurarsi che il sole non si senta solo laddove non c’è.

 

Arreso alla decisione di altri, ciondola ben fisso sopra la collina di letame e scorge per primo il sole laddove non tramonterà nessun sole arabo di profumi speziati e di gelsomino. 

 

 

Ogni tre primavere nell’aia di casa sua, arriva il sindaco del paese, del paese che lo ospita. Il sindaco arriva serrato nel suo vestito bello, con la cravatta larga e ben stirata. La madre di Bartolomeo, invecchiata e scorbutica, sente i passi del sindaco arrivare, già prima che questi si siano avviati:

-“Bartolomeo, domani arriva il sindaco, per il tuo voto. Arriverà bello nel suo vestito rigido che si vede che quello non ha mai lavorato”.

 

Bartolomeo non risponde. Sorride spesso e sempre a sua madre.

 

Il giorno seguente, all’alba, Bartolomeo con i suoi occhi grandi e neri, spinge la carriola tra la nebbia del mattino ancora disteso sulla terra. La spinge fino sopra al suo regno e lentamente incomincia a distribuire il letame caldo in ogni angolo, ordinatamente. Guarda verso l’orizzonte che si accende lentamente e socchiude lo sguardo. Saluta il giorno e il sole che sono venuti come sempre a lavorare insieme a lui.

 

Nell’aia sua madre grid:a: “Si vergogni!”.

 

Il sindaco si è fermato in mezzo al viale, poco prima dell’aia, abbassa lo sguardo: “Buongiorno Signora”. Gli risponde la porta di casa, vecchia e grossa, di un buon legno che sa parlare quando la sbatti.

 

Bartolomeo da dove sorge il sole, cammina fino in mezzo all’aia, con gli stivali di gomma sporchi di letame ed erba bagnata. Sorride.

 

Il Sindaco è lì, nel viale, con un mazzo di roselline gialle in mano.

 

Bartolomeo è educato e sorride spesso e sorride sicuramente anche al sindaco del paese e lo ringrazia.

 

La domenica è sopraggiunta e Bartolomeo si è lavato, profumato ed ha indossato il vestito della festa, con la cravatta larga.

 

Sua madre lo vede ancora prima che arrivi in cucina:

-“Bartolomeo, sei sciocco non devi andare a votare per quel Sindaco che ti compera con un mazzo di rose”.

 

Sorride di nuovo, quell’uomo già grande che grazie a una lentezza magica, crescendo non ha perso la purezza del luogo da dove è venuto.

 

“Anche se non voti per lui e ci vai, penserà di averti comperato!”

 

 

Inginocchiato a terra, si allaccia le stringhe delle scarpe della festa e sorride prima di uscire di casa.

 

Da qualche anno, gli abitanti del paese la domenica passano per i campi fino ai confini di quella casa dove vivono una vecchia scorbutica e suo figlio, si dice sia ritardato. Ci vanno per ammirare uno splendido roseto di rose gialle che pare abbia fatto crescere Bartolomeo e al quale si dedica con passione dal sorgere del giorno fino al tramonto.

 

 

Bartolomeo ogni dì regna tutto dentro al suo regno: il cielo.

 

 

Con i piedi appoggiati alla terra, si nutre di sole e sa che le violette fioriscano anche sotto la neve!”.